RIFORMA FISCALE E IMPOSTA DI DONAZIONE E SUCCESSIONE

Con la Legge Delega per Riforma Fiscale (L. 111/2023) il Legislatore si è posto l’ambizioso obiettivo di modificare radicalmente il nostro sistema fiscale, attuando la riforma per gradi tramite l’introduzione di vari Decreti Legislativi.

Dal decreto sulla razionalizzazione delle aliquote di tassazione a quello sull’accertamento, dalla riforma delle sanzioni all’introduzione del Concordato Preventivo Biennale di cui si è già parlato in un altro articolo.

Insomma, le novità sono moltissime e, proprio per tal motivo, in questa serie di articoli dedicati all’attuazione della Riforma Fiscale andremo a vedere le modifiche più importanti.

Nel presente articolo parleremo di imposta di donazione e successione e delle relative novità introdotte dalla riforma fiscale.

IMPOSTA DI DONAZIONE E SUCCESSIONE
L’imposta di donazione e successione è un’imposta indiretta in quanto non colpisce il patrimonio o il reddito, bensì colpisce il momento in cui il patrimonio viene trasferito mortis causa (successione) o per spirito di liberalità (donazione).

La normativa di riferimento è il Testo Unico del 31/10/1990, n. 346, più volte modificato, il quale prevede il presupposto d’imposta, la base imponibile, i soggetti passivi e le aliquote.

PRESUPPOSTO D’IMPOSTA
L’imposta si applica in caso di trasferimento di beni e diritti per successione, donazione, a titolo gratuito nonché derivanti da trust o altri vincoli di destinazione.

Invero, ai fini dell’imposta, è equiparato al trasferimento anche la costituzione e la rinuncia a diritti reali, la rinuncia a diritti di credito nonché la costituzione di rendite o pensioni: quindi, ogniqualvolta per le suddette ragioni si verificano “trasferimenti”, inteso in senso estensivo, scatta l’applicazione dell’imposta.

Vi sono tuttavia alcune eccezioni. Infatti, non sono soggetti all’imposta i “trasferimenti”:

  • in favore dello Stato, Regioni, Province e comuni;
  • in favore di enti pubblici, fondazioni e associazioni riconosciute con finalità meritevoli (ad es. di ricerca scientifica, studio, ecc.) nonché in favore di ONLUS e fondazioni bancarie;
  • In favore di partiti politici;
  • rientranti nell’ambito del passaggio generazionale di aziende e/o quote sociali, compreso il patto di famiglia di cui si parlerà a parte.

SOGGETTI PASSIVI
I soggetti passivi dell’imposta, ovvero i debitori dell’obbligazione tributaria, sono i seguenti.

  • In caso di successione, i legatari sono debitori d’imposta esclusivamente per i relativi legati, mentre gli eredi per la restante parte del patrimonio oggetto dell’eredità.

Tuttavia, gli eredi sono solidalmente responsabili dell’imposta dovuta sia da loro che dai legatari: in altre parole, nel caso in cui il legatario non versasse l’imposta da questi dovuta, l’Amministrazione Finanziaria ben potrebbe richiederla direttamente agli eredi.

  • In caso di donazione, il soggetto passivo dell’imposta è il donatario, mentre per tutti gli altri atti di liberalità tra vivi soggetti all’imposta è il beneficiario.

BASE IMPONIBILE

La base imponibile, ovvero il valore dei beni e dei diritti su cui viene applicata l’imposta, si determina in maniera differente tra successione e altri atti soggetti all’imposta.

Per quanto riguarda la successione, la base imponibile complessiva è costituita dal valore dell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione che si determina, al netto dei legati, dalla differenza tra attivo ereditario (beni e diritti oggetto di successione) e passività deducibili (debiti del defunto, spese mediche e funerarie).

Relativamente alla donazione, atti a titolo gratuito nonché trasferimenti derivanti da trust o altri vincoli di destinazione, la base imponibile complessiva è determinata dalla differenza tra il valore dei beni e dei diritti e gli oneri di cui è gravato il beneficiario.

Tuttavia, la base imponibile dei singoli beni e diritti oggetto del trasferimento, che sommati tra loro vanno a costituire la base imponibile complessiva, varia a seconda del bene o del diritto che viene trasferito.

Occorre quindi determinare la base imponibile di ciascuna tipologia di beni e diritti che si trasferisce.

  1. Per i beni immobili si distingue:
    • in caso di piena proprietà, il valore normalmente praticato in commercio;
    • in caso di nuda proprietà, dal valore della piena proprietà si scomputa quello del diritto reale che grava sullo stesso.

  2. Per i diritti reali sull’immobile (usufrutto, uso e abitazione), partendo dal valore della piena proprietà del bene, va effettuato un complesso calcolo con l’utilizzo di determinati moltiplicatori;

  3. Per le aziende, si fa riferimento al valore complessivo dei beni e dei diritti che la compongono al netto delle passività;

  4. Per le azioni di società quotate si fa riferimento al valore medio dei prezzi dell’ultimo trimestre;

  5. Per le quote e azioni di società non quotate ci si basa sul valore del patrimonio netto;

  6. Per le rendite o pensioni, partendo dal valore dell’importo annuale delle stesse, va effettuato un complesso calcolo con l’utilizzo di determinati moltiplicatori;

  7. Per i crediti si distingue:
    • per i crediti fruttiferi si fa riferimento al loro valore comprensivo degli interessi maturati;
    • in caso di crediti infruttiferi con scadenza dopo almeno un anno dall’apertura della successione ci si basa sul loro valore attuale al saggio legale degli interessi;
    • per i crediti in natura il valore corrisponde a quello dei beni che ne sono oggetto.

  8. Per altri beni o diritti si fa riferimento al valore normalmente praticato in commercio.

ALIQUOTE E FRANCHIGIE
Il nostro ordinamento prevede aliquote e, in alcuni casi, franchigie differenziate a seconda del beneficiario del trasferimento.

In particolare, la situazione attuale è la seguente:

  • aliquota del 4% a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto con franchigia per ciascun beneficiario di € 1.000.000,00;
  • aliquota del 6% a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto con franchigia per ciascun beneficiario di € 100.000,00;
  • aliquota del 6% a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonchè degli affini in linea collaterale fino al terzo grado;
  • aliquota del 8% a favore di altri soggetti.
  • Se il beneficiario dei trasferimenti è una persona con disabilità riconosciuta, vi è una franchigia di € 1.500.000,00.

PATTO DI FAMIGLIA
La Legge n. 55/2006 ha introdotto nel nostro ordinamento il patto di famiglia ovvero un accordo con il quale l’imprenditore trasferisce l’azienda e/o le partecipazioni sociali di controllo a uno o più discendenti con il consenso degli altri eredi legittimari ai quali il beneficiario deve liquidare la quota di legittima che spetterebbe loro, salvo vi rinuncino.

Tale accordo rappresenta un’eccezione al divieto generale di patti successori ed è stato introdotto per favorire il passaggio generazionale nelle aziende ed evitare che vi siano dubbi, incertezze o disaccordi tra gli eredi: infatti, dopo la morte dell’imprenditore, gli eredi legittimari che hanno sottoscritto l’accordo non possono più rimetterlo in discussione.

Dal punto di vista fiscale, il trasferimento di aziende e/o di partecipazioni sociali di controllo, anche se effettuato nell’ambito del patto di famiglia, è neutrale cioè non è soggetto all’imposta di donazione e successione purchè si rispetti l’impegno di proseguire la gestione aziendale o mantenerne il controllo per almeno 5 anni dal trasferimento a pena di decadenza.

Il patto di famiglia, dunque, se sul piano fiscale è equiparabile alla donazione o successione di aziende e/o quote sociali di controllo in quanto neutrale, ha il vantaggio di facilitare il passaggio generazionale al vertice di una impresa evitando le liti tra gli eredi

Tuttavia, il patto di famiglia ha una lacuna che nemmeno l’ultima riforma ha colmato.

Infatti, il beneficiario dell’azienda/quote sociali deve liquidare di tasca propria gli altri eredi legittimari, circostanza già di per sé onerosa e incomprensibile, ma ancor più incomprensibile è che tale compensazione non sia in regime di neutralità fiscale: pertanto, la compensazione è soggetta a imposta di donazione e successioni, nei limiti delle franchigie.

Sul punto, la Corte di Cassazione è stata categorica nell’affermare che “l’esenzione prevista dall’art. 3, comma 4-ter, D.Lgs n. 346 del 1990 si applica al patto di famiglia solo con riguardo al trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni societarie in favore del discendente beneficiario, non anche alle liquidazioni operate da quest’ultimo in favore degli altri legittimari” (Cass., n. 19627/2024; in senso conforme anche Cass., n. 19561/2022; Cass., n. 29506/2020).

Sulla base dell’orientamento della Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate con risoluzione n. 12 del 14 febbraio 2025 ha invitato gli Uffici a riesaminare i procedimenti pendenti interessati dalla questione.

RIFORMA FISCALE
Il D.Lgs 139/2024 entrato in vigore dal 1 gennaio 2025 ha riformato l’imposta di donazione e successione andando ad estendere la neutralità fiscale per i trasferimenti a favore dei discendenti e del coniuge di aziende e quote sociali.

Infatti, è stato reso neutrale fiscalmente il trasferimento di quote tramite cui il beneficiario rafforzi la propria posizione di controllo già esistente.

Ad esempio, un padre possiede il 40% delle quote sociali mentre il restante 60% è del figlio: ebbene, a seguito della riforma, se il padre cede il proprio 40% al figlio, il trasferimento è esente dall’imposta anche se il valore delle quote cedute supera la franchigia di € 1.000.000,00.

Inoltre, il regime di neutralità fiscale è stato esteso anche qualora il trasferimento riguardi una società estera o una società di comodo (ed es. Holding e società immobiliari).

Infine, un’altra importantissima novità è che, ai fini del superamento della franchigia durante la successione, vengono escluse le donazioni in vita effettuate all’erede beneficiario.

Facciamo un esempio: un padre dona al figlio beni del valore di € 900.000,00 e, successivamente, alla sua morte, lascia in eredità al medesimo figlio beni del valore di € 800.000,00.

Vediamo cosa succedeva con la normativa precedente e cosa succede con quella attuale.

  1. Con la normativa precedente, ai fini del superamento della franchigia (in questo caso pari a € 1.000,000,00 trattandosi di discendente) si doveva sommare il valore dei beni donati (€ 900.000,00) con quello dei beni ricevuti in eredità (€ 800.000,00), ottenendo un valore complessivo tra donato ed ereditato (€ 1.700.000,00).

A questo punto, si applicava l’aliquota del 4% sull’importo che eccedeva la franchigia e, quindi, su € 700.000,00 (€ 1.700.000,00 – € 1.000,000,00 = € 700.000,00).

Pertanto, l’imposta di donazione e successione che il figlio doveva versare ammontava ad € 28.000,00.

  1. Con la normativa attuale, non si deve compiere la somma del valore dei beni donati (€ 900.000,00) con quello dei beni ricevuti in eredità (€ 800.000,00).

Ognuno dei due valori concorre separatamente all’eventuale superamento della franchigia, con la conseguenza che, trattandosi di importi inferiori a € 1.000.000,00, non è dovuta in nessuno dei due casi l’imposta di donazione e successione.

Come abbiamo visto, la riforma è andata nella direzione di rendere meno oneroso il trasferimento del patrimonio (sdoppiamento della franchigia per donazioni e successioni) e facilitare il passaggio generazionale di aziende/quote sociali (estensione neutralità fiscale), tuttavia resta il nodo irrisolto delle compensazioni all’interno del Patto di Famiglia che rendono questo importante istituto spuntato.

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